lunedì 20 aprile 2015



Niente di nuovo sul fronte occidentale

Nel romanzo “Niente di nuovo sul fronte Occidentale” viene trattata dell’autore l’esperienza vissuta durante la prima guerra mondiale.
Nel capitolo 9, Paul e Alberto dopo essere stati feriti, sono riusciti a raggiungere l’ospedale.
Si tratta di un ospedale cattolico, dove le suore si prendono cura di tutti i malati e i feriti.
Viene considerato uno dei migliori per i compagni di stanza con i quali Paul deve trascorrere la degenza, sono otto.
Uno di essi era Francesco Wächter che solo alla terza sera si era sentito male, così dovettero cambiarlo di stanza. Questa stanza era soprannominata da Giuseppe “camera dei morti”. Il soprannome dato, derivava dal fatto che la possibilità di uscirne vivo era alquanto scarsa.
Il compagno Pietro, dopo aver sentito queste parole da Giuseppe, è terrorizzato all’idea che lo cambino di stanza; nonostante si opponga viene spostato proprio in questa stanza.
Il giorno stesso il suo posto viene preso da un nuovo arrivato, il quale se ne va dopo poche ore.
Il colpo di scena avviene quando Pietro ritorna nella camerata, egli a differenza di altri era riuscito a sopravvivere; tutti sono felici di questo fatto.
Letwandoski, un uomo di quaranta anni da dieci mesi nell’ospedale, un giorno riceve una lettera dalla moglie la quale gli dice che sarebbe andata a trovarlo insieme al figlio. Il pomeriggio seguente, dopo due anni di lontananza, la moglie Marja arriva; così i due mentre, soddisfano i propri bisogni da rispettivi fidanzati, i compagni facevano la guardia ai corridoi.
Infine si concluse tutto senza problemi e la moglie se ne andò con il figlio.
Dopo due settimane, Paul si è rimesso in forma, ottenendo anche la licenza di convalescenza. La madre era contraria della decisione del figlio, non voleva che tornasse al fronte, ma ciò non lo ferma; infatti dopo la chiamata del dipartimento parte immediatamente per combattere.

E.M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, traduzione di S.Jacini, Arnaldo Mondatori, Milano 2014

Commento personale

La descrizione dell’ospedale e dei feriti è molto cruda e quasi raccapricciante,
“L’ospedale mostra che cos’e la guerra” (p. 203).
Descrivendo l’incontro tra Pietro e la moglie fa capire quanta importanza hanno le persone care.
Dice se stesso dice “io sono giovane, ho vent’anni, ma della vita non conosco altro che la disperazione, morte, il terrore e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze” (p.203).
Queste due citazioni, secondo me sono le riflessioni più importanti attraverso le quali evidenzia come l’ospedale sia la continuazione della guerra, anche qui si lotta per riuscire a rimanere in vita. L’unica differenza è che in ospedale riesci ad uscirne vivo, dalla guerra invece la possibilità è scarsa e soprattutto non si può dimenticare un’esperienza simile.

Ilenia


Niente di nuovo sul fronte occidentale
Erich Maria Remarque.

Capitolo 6

Nel capitolo sesto durante un bombardamento Paul, il protagonista, rievoca alcuni ricordi della sua gioventù spensierata e felice, e del suo bel paese dove trascorse la sua adolescenza.
Descrive i ricordi come pieni di silenzio ed è proprio quest’ultimo a commuovere il poeta, in quanto il silenzio al fronte era inconcepibile. Questa particolare caratteristica delle immagini del passato fa si che non suscitino desideri, ma tristezza, una enorme sconsolata malinconia in quanto quelle care cose non torneranno mai più.
«Ma qui in trincea quel mondo si è perduto. Il ricordo non sorge più; noi siamo morti, ed esso ci appare lontano all’ orizzonte come un fantasma, come un enigmatico riflesso, che ci tormenta e che temiamo e che amiamo senza speranza. Forte senza dubbio, come la nostra bramosia ma irrealizzabile, e noi lo sappiamo.Un’aspirazione vana, come sarebbe quella di diventar generale» (pag 96).
I lunghi bombardamenti fecero si che il numero dei morti e feriti aumentasse, vi era un ferito in particolare disperso nella terra di nessuno, il comandante per stimolarne la ricerca promise una licenza anticipata e tre giorni in più come ricompensa a chi avrebbe trovato il soldato morente.
Con la perdita di molti uomini giungono al reparto nuovi complementi, quasi tutti giovinetti non del tutto formati, i quali, essendo poco abili al campo di battaglia,venivano falciati fin da subito.
Con il passare dei giorni le reclute vengono addestrate a individuare il sibilio traditore dei piccoli proiettili che si sentivano appena, viene loro insegnato come ripararsi dagli aviatori, come fare il morto, come preparare le bombe a mano per farle esplodere al momento giusto, viene insegnata loro la differenza fra la durata di accensione delle bombe nemiche e quella delle loro; tutti i trucchi che potevano aiutarli a salvarsi la pelle.
Lo stile utilizzato dall’autore è ricco di descrizioni e permette al lettore di comprendere a fondo la brutalità della guerra e la freddezza che essa ha portato nel cuore dei soldati: « gli eventi ci hanno consumati, siamo divenuti accorti come mercanti, brutali come macellai. Non siamo più spensierati, ma atrocemente indifferenti […] Abbandonati come fanciulli, disillusi come vecchi, siamo rozzi, tristi, superficiali. Io penso che siamo perduti.» (pag 97)
Particolare è la descrizione che l’autore fa della sua città e della sua gioventù; ricordi che gli fanno battere il cuore ma che lui sembra voler dimenticare per poter sopravvivere al fronte.
L’idea dominante che si trae in particolare da queste pagine è la guerra che inesorabile sottrae all’individuo ogni possibile felicità. A parte chi muore o diventa pazzo, per chi sopravvive il resto della vita è sconvolto da quest’esperienza.
Il protagonista, Paul, è l’esempio di un soldato al quale, come moltissimi altri,viene strappata la penna e sostituita da un fucile.

E.M. Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, traduzione di S. Jacini, Arnoldo Mondatori, Milano 2014
Lorena


UN ANNO SULL’ALTIPIANO
Emilio Lussu

Il libro, opera autobiografica scritta nel 1938 da Emilio Lussu, tenente volontario convinto sostenitore della guerra, rievoca i ricordi personali, limitati ad un anno, suscitati dall’esperienza al fronte (1916-1917). Questa narrazione vuole essere infatti una testimonianza italiana della Grande Guerra e raccontando ciò che lo ha maggiormente colpito, permette a Lussu di prendere coscienza dell’inutilità del conflitto e dell’atroce carneficina commessa.

Capitolo XX

La vicenda si svolge in una trincea dell’Altopiano (di Asiago) nell’arco di due giorni . Essa prende avvio quando lo spietato generale Leone viene promosso ad un comando superiore, lasciando il posto a Piccolomini.
Il nuovo generale con aria ilare vuole presentarsi subito alle truppe e visitare le trincee. Costui proveniva da una direzione di scuola militare quindi Lussu si attendeva domande riguardo ai suoi soldati, le trincee, i nemici.. Ma con fare da esaminatore porse al tenente un quesito che lo mise in difficoltà, ovvero come avrebbe definito la parola VITTORIA, termine che torna sovente nei discorsi di Piccolomini come <<Parola che tutti possono leggere, perfino gli analfabeti, che tutti possono vedere, perfino i ciechi, talmente essa è luminosa>> (p.144)
Il nuovo generale apparentemente buono e magnanimo si rivela invece esigente,scrupoloso e saccente, pretendeva infatti che ogni soldato avesse la propria baionetta innestata e possedesse un coltellino a manico fisso per combattere al meglio nel corpo a corpo.
Il giorno successivo egli volle organizzare una conferenza all’aperto il cui tema era “Accordo delle intelligenze”, lo scopo principale però era quello di conoscere tutti i comandanti di divisione.
Durante il discorso improvvisato, Lussu sente ancora un volta l’uso della parola vittoria da parte di Piccolomini; che arrestatosi un attimo, nota uno scavo semicircolare ad un centinaio di metri dalla loro posizione attuale, e con piena convinzione affermò che <<Basta vederlo[...]è un’appostazione di mitragliatrice>> (pag.148). L’aiutante maggiore del 2° battaglione, uomo molto pignolo, fece notare che in realtà quella che lui aveva interpretato come appostazione di mitragliatrice era in realtà una latrina da campo.Dopo degli attimi di imbarazzante silenzio la conferenza viene sciolta.
Il generale Piccolomini, viene descritto come un uomo ossessionato dalla perfezione riguardo le disposizioni di guerra e l’equipaggiamento dei soldati per il combattimento. Certo di poter vincere la guerra non esita neanche un istante a prendere in mano il fucile e dare atto ai suoi soldati del fatto che il loro generale è disposto ad esporsi insieme a loro per la vittoria. Però tutta questa sicurezza di sé lo porta ad affermare cose anche non veritiere, tanto che scambia una latrina per una postazione di mitragliatrice.
Tutto ciò dà conferma che in guerra non si hanno certezze né sul proprio futuro, né tanto meno di vincere una battaglia che sarà comunque persa in partenza: perché chiunque sarà il vincitore avrà sacrificato la sua umanità insieme alle migliaia di vite umane per un inutile conflitto, combattuto da uomini uguali, messi l’uno contro l’altro per guadagnare pochi metri di terra.

E.Lussu, Un anno sull’altipiano, Einaudi, Torino, 2014.

Sahana


UN ANNO SULL’ALTIPIANO
Emilio Lussu

Capitolo XVII
Questo brano, ambientato sull’altipiano di Asiago ad Agosto del 1916, racconta un episodio della guerra in trincea del 2° battaglione della 339ª fanteria di cui ne faceva parte anche Emilio Lussu.
A capo di questo battaglione vi era il colonnello Carriera Michele. Un giorno di metà agosto  venne comunicato al battaglione che l’indomani ci sarebbe stato un assalto, che fu poi rinviato, quindi i soldati potevano contare su un giorno in più di vita assicurata. Per loro, che combattevano in quelle condizioni, anche questo, solo sapere di poter dormire un’ora in più, era come poter vivere una vita intera. «Poter dire, verso l’alba, in quelle condizioni, era molto. [...] ecco, io dormo ancora mezz’ora, e poi mi sveglierò e mi fumerò una sigaretta, mi riscalderò una tazza di caffè, lo contellinerò sorso a sorso e poi mi fumerò ancora una sigaretta.». (pag. 119)
Arrivarono gli ordini del nuovo combattimento e il battaglione cominciò a risalire. Per rientrare in linea dovevano passare per il comando del primo battaglione e, proprio mentre lo stavano attraversando, arrivò la notizia che il generale Leone era morto. Questa fu una gioia per tutti, perchè era odiato dai soldati.
Il capitano Zavattari, capitano del 1° battaglione, li invitò a rimanere per brindare alla morte del generale. Ad un certo punto, però, mentre tutti avevano i bicchieri levati, arrivò il generale Leone in groppa ad un mulo. Tutti erano stupiti ed il generale chiese perchè stessero festeggiando, essi dissero che era per le medaglie che erano state consegnate, anche lui brindò e poi se ne andò.
Il giorno seguente, durante un combattimento, il tenente colonnello venne ferito ad un braccio e svenne. Quando si riprese un portaferiti gli fasciò il braccio, poi il tenete pregò l’aiutante di avvicinarsi, gli dettò una proposta dove diceva che lui era stato ferito gravemente al braccio mentre conduceva il suo battaglione all’assalto e con eroica fermezza aveva rifiutato di cedere il comando e di farsi trasportare al posto di medicazione. Propose che gli fosse riconosciuta una medaglia d’argento al valor militare.
Infine lo portarono al posto di medicazione.
Secondo me questo brano mette in rilievo le atrocità, la crudeltà, l’inutilità della guerra e le orribili situazioni in cui i soldati erano costretti a combattere.

Emilio Lussu, Un anno sull’altipiano, Giulio Enaudi editore, Torino 2014.

Gloria


Addio alle  armi

La vicenda riguardante il capitolo XXIII e XXIV, del libro Addio alle armi di Ernest Hemingway, è ancora ambientata a Milano e successivamente si sposta all’interno del treno che riporta il protagonista al fronte. Frederick Henry aveva chiesto al portiere di trovargli e mantenergli un posto nel treno da Torino diretto al fronte.
L’intero episodio comprende una giornata.
Il nostro protagonista, Frederick Henry, trascorre l’ultima giornata a Milano con la sua fidanzata Catherine Barkley, prima di ripartire verso il fronte. Nella prima parte della giornata i due passeggiano lungo le vie del centro milanese. In seguito si avviano verso un albergo con una carrozza. Giunti a destinazione, cominciarono a mangiare ed a parlare delle loro famiglie e del loro fidanzamento. Catherine gli dice:<<Non restiamo mai a lungo in casa nostra>> (p.168). Solo che, dopo un paio d’ore, sono costretti a separarsi. Quando però Frederick giunge nel treno, inizia a discutere con un capitano che voleva avere il posto, occupato dal portiere, perché era salito sul treno prima di Henry. Così Henry, va trovare riposo sul pavimento, con tutti i suoi oggetti infilati nei calzoni per non essere derubato. Molta gente dormiva a terra, alcuni erano in piedi aggrappati alle sbarre del finestrino; mentre altri ancora, i più fortunati, riposavano sul sedile. Il treno era infatti affollato.

Io credo che la lettura di questo libro aiuti a riflettere sulla propria vita, sui problemi che caratterizzano la nostra vita quotidiana e su come affrontarli. Credo faccia risaltare anche quanto l’uomo risulti impotente di fronte alle difficoltà della vita. È un libro che aiuta a crescere.

Il titolo può essere interpretato in due modi: addio alle armi intese come pistole ecc., oppure intese le braccia di Catherine, che è morta; infatti il titolo originario è A Farewall to Arms dove si delinea maggiormente il significato attribuito al titolo.


Ernest Hemingway, A Farewall to Arms (Addio alle armi), traduzione di Fernanda Pivano, Oscar Mondadori, Milano 2010.


Giulia

lunedì 13 aprile 2015

Trincea ricostruita

Dolina dei 500

Croce costruita dai soldati durante la guerra con oggetti di ferro

Monumento sul monte S. Michele
Cimitero dei Caduti ad Aquileia, nel quale è tumulata anche la salma di Maria Bergamas


mercoledì 11 febbraio 2015



Commento capitoli XXXI – XXXIV,  Addio alle armi.

Nei capitoli precedenti Frederic, dopo il crollo del fronte a Caporetto, si trova travolto dalla caotica ritirata e viene fermato dalla polizia militare. Per sfuggire alla fucilazione il tenente si getta nel Tagliamento e, una volta lontano dai carabinieri, sale a bordo di un treno e si dirige a Milano dove lavorava Catherine Barkley, la sua fidanzata.
Arrivato lì, però, scopre che lei e una sua collega, Helen Ferguson, si erano recate a Stresa.
Frederic fa tappa da un suo conoscente, Simmons, che gli presta degli abiti borghesi, essendo lui ancora in uniforme. Poi prende il treno per raggiungere l’amata.
A Stresa i due si ritrovano e passano la notte insieme in un albergo. In quel momento decidono di fuggire in Svizzera, per scampare alla polizia militare che cercava i disertori come Frederic.

Il messaggio che traspare da queste pagine, è quello di crudeltà e inutilità della guerra. Paradossalmente, in queste occasioni, emergono anche i buoni sentimenti d’umanità della gente. Nonostante il protagonista sia un disertore, quindi un traditore, incontra persone che cercano di aiutarlo in ogni modo, sia materialmente che dando buoni consigli.
Nel brano Frederic scappa da un pericolo reale per la sua vita, ovvero dalla polizia militare, ma nel contempo cerca di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra.“Stavo andando a dimenticare la guerra. Avevo fatta una pace separata” (pag. 253)
Essa, però, non può essere dimenticata: una grande disgrazia che ha distrutto una generazione e resterà, per sempre, impressa nella storia. “«Non parlarmi di guerra» dissi. La guerra era molto lontana. […] Ma non avevo la sensazione che fosse proprio finita” ( pag. 255)
Allo stesso tempo, il brano esalta l’amore in tutte le sue declinazioni, in opposizioni alle mostruosità della guerra.
Nel capitolo XXXIV si evidenziano, inoltre,, i due modi in cui viene interpretato l’amore. La Ferguson rappresenta quello tradizionale mentre Catherine quello passionale, nel nostro caso la fuga in Svizzera descrive il prevalere di quest’ultimo.
Ciò che mi ha colpito è che i sentimenti espressi: amore, amicizia, generosità, anche se riferiti ad eventi di un secolo fa sono estremamente attuali ed esprimono valori universali dei giorni nostri.




E. Hemingway, Addio alle armi, Traduzione di F. Pivano,
 Arnoldo Mondatori editore, 1970


Martina